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Sirio e i libri


di Superperv
06.03.2024    |    2.411    |    2 9.3
"Lo avevo notato anche un paio di giorni prima, mi aveva squadrato, ed esaminato, ma non si era avvicinato..."
Mi sono perso a leggere Assalonne! Assalonne!
Io che manco ho finito le medie mi scontravo con un libro strano e difficile, molto difficile, eppure magnifico, era come se mi si aprisse davanti un mondo
Certo, perdevo il filo, ma poi lo ritrovavo, in questa storia così assurda, ed anche così piena di squallore, di miserie umane, e sostanzialmente votata a narrare un fallimento totale.
Insomma, forse non tutti i libri erano noiosi come gli estratti dei Promessi Sposi che ci imponevano di leggere, o come quella palla di libro che ci fece studiare la profe di Italiano, “I Malavoglia”, con tanto di verifiche che parevano i quiz della T.V.
Lei povera donna probabilmente cercava di fare del suo meglio, ma va detto che la mia era una delle scuole “difficili”, dava poca soddisfazione, e così i professori cercavano di scapparne appena possibile, alla prima possibilità.
Solo quella di matematica, la Montello, era lì , e restava lì.
Ero il suo dramma, così diceva. Già perché nella sua materia ero bravissimo.
Era il resto che andava a salti.
Ad esempio, in prima media mi ero innamorato della Storia, con tanto di Greci, Romani, ed Eroi, e tutto un mondo da scoprire.
Mi ero pure appassionato della loro mitologia, tanto da farmi prestare pure due libri dalla biblioteca scolastica, e sulla pagella mi arrivò un bel nove.
Poi, l’anno dopo, finito il medioevo affascinante e quel che ne venne dopo, che era ancora un mondo magico, tutto divenne di una noia totale, cioè quando iniziarono tutte ste storie di re francesi, tutti Luigi, e tutte le infinite guerre per un trono, o per un altro, e chi se ne frega, pensavo, se deve regnare in Polonia, un re oppure un altro l’altro, o magari nessuno.
E quindi voti di storia a picco, mi annoiavo, mi annoiavo a morte. Fino alla rivoluzione francese, che mi interessò molto, fondamentalmente perché eliminò questo ultimo Luigi, e quel mondo che mi aveva rovinato mesi di scuola, rubando il posto a storie in cui potevo far sogni e riflessioni.
In italiano andavo bene nei temi, fino a che la profe iniziò a dire che avrei dovuto essere più leggero, non analizzare tutto con uno sguardo che lei riteneva inadatto alla mia età, tanto inadatto da segnalare il tutto alle assistenti sociali.
Col che la mia fiducia nell’istituzione ebbe un crollo totale, se scrivevo certe cose ero un caso umano, e la mia famiglia un rischio, ergo dovevo scrivere di Vispe Terese, cosa che mi tediava, e quindi lo facevo male, con strafalcioni ortografici che erano figli dello sbadiglio da disattenzione.
La Montello, invece, la mia mente analitica e le mie domande le amava, e scoppiò questo amore quando le chiesi come faceva un greco antico, che manco sapeva che la terra era tonda, e che era lei a girare attorno al sole, e non il contrario, a pretendere di imporre una serie di affermazioni del tutto arbitrarie, tipo due rette parallele non si incontrano all’infinito, o per un punto passano infinite rette eccetera.
Cioè, per carità, tutto vero, se pensavo all’universo infinito come se fosse stato il mio banco ,e quindi come un piano definito, ma tutto diventava non vero se immaginavo l' universo come concavo, convesso, o a forma mutevole e irregolare.
In quel caso ti saluto la menata sulle parallele, quelle rette, all’infinito allora, o si divaricano, o si incontrano, a secondo come è fatto uno spazio che neanche posso definire spazio.
Rimase basita, mi diede 10, così, senza ragione, e poi, a ricreazione mi disse che esistono infiniti modelli geometrici, ma che a scuola, per una convenzione, si studia il modello che applichiamo in senso immediatamente pratico nel mondo produttivo di base.
E io mi misi ad apprezzare e studiare ancor di più la sua materia, in terza, grazie al casino con assistenti sociali e roba varia finì che dai banchi dei bravi precipitai, salvo matematica, in quello dei somari e feci pure tantissime assenze, venni bocciato.
L’anno dopo mi iscrissi, ma già stavo a fumare canne e prendere cale, e non mi importava un fico secco di nulla, e a dicembre avevo pure iniziato con le stagnole di eroina, e così mi ritirai dopo plurime assenze.
Avendo compiuto 14 anni ,a quel tempo potevi farlo, bastavano 8 anni di scuola per adempiere all'obbligo, ed io li avevo fatti, anche senza diploma, lo dissi alla Montello e lei si rabbuiò, andò a litigare con quella di Italiano, ma ormai io ero uno dei tanti che scivolano nelle crepe del sistema.
Adesso era lei a sola a cui potevo rivolgermi, era la sola figura intellettuale che conoscessi, e di cui mi fidassi, magari di letteratura ne sapeva meno che di numeri, ma di certo ne sapeva più di me.
La attesi alla fermata del bus che prendeva ai tempi in cui andavo io a scuola, sperando che ci fosse ancora e che non avesse cambiato casa e bus.
Arrivò all’ una e dieci, e mi guardò con affetto, mi propose di andare a casa sua a parlare, io con onestà le dissi che proprio non potevo, e anche il perché, cioè che mi dovevo andare a cercare la roba, volli essere onesto, a costo di spaventarla, si sa che i tossici di solito non li si vuole troppo vicini..
La Montello, invece, rimase imperturbabile, mi scompigliò un attimo i ricci e mi disse che il giorno dopo era libera tutto il pomeriggio, e così Il pomeriggio seguente ero a casa sua, bello e ripulito, a chiederle cosa avrei dovuto leggere, secondo lei.
Ed anche a raccontarle un poco di quello che facevo, della mia vita a casa, anche le cose che avevo omesso quando ero suo alunno.
Uscii dal suo appartamento con lo zainetto pieno di libri gentilmente prestati e la serenità che si prova dopo aver parlato con qualcuno che mi conosceva e a cui potevo dire come ero cambiato, o almeno dire alcune cose.
Sapevo che la lettura poteva o salvarmi, o rovinarmi del tutto, era a doppio taglio.
In quel momento, però avevo necessità ben più impellenti .
Andai a fare un giro verso il centro, entrai nel solito cinema, erano le 17, e c’erano un poco di maschi vogliosi.
Mi misi in fondo alla sala, come al solito, e bastarono pochi minuti perché mi si avvicinasse un tipo abbastanza distinto, sui 50, a occhio e croce, bei vestiti sportivi, bel fisico, alto, si vedeva che era stato un bell’uomo.
Lo avevo notato anche un paio di giorni prima, mi aveva squadrato, ed esaminato, ma non si era avvicinato.
Pensai che mi avrebbe proposto di fargli il solito pompino nei bagni, e invece mi chiese quanto volevo per andare a casa sua.
Buttai una cifra e lui mi disse che, però, avrei dovuto esaudire una sua fantasia, cioè mettermi dei vestiti che lui mi avrebbe dato.
Francamente a me la cosa importava poco, cioè non è che volesse frustarmi o appendermi a testa in giù, se aveva questo feticismo dei vestiti, a me costava zero, e non modificava il prezzo.
La casa, ovviamente, non era quella in cui abitava. Era uno scannatoio di lusso non lontano dal cinema.
Era evidente che ci andasse solo a chiavare, ma meglio così, almeno era comodo e pulito.
Mi diede un completo da tennis, niente mutande, ma ci stava, insomma, alla fine doveva scoparmi. Mentre lui rovistava per tirar fuori altre cose, notai alcune di fotografie di ragazzi, circa della mia età, che giocavano a tennis, pensai che ognuno si fa i suoi viaggi e forse la notevole somiglianza fra me ed il tipo di cui c’erano più scatti lo eccitava.
E di colpo lui divenne rude, e a dire cosse come” inginocchiati piccolo bastardo e succhiamelo”, o “adesso ti violento, piccolo stronzetto”
Ok, pensai, vuole fare la parte dell’allenatore cattivo e decisi di fare quella del giovane talento che vorrebbe dire di no, se era questo che lo eccitava a me andava bene che si sfogasse così magari veniva pure più in fretta.
Il cazzo lo aveva nella media, niente di spaventoso, lo succhiai, e non dovetti manco simulare il disgusto, anche perché stavo iniziando a star male per astinenza, mica troppo, ma un poco, lui mi chiavò la bocca con furia, tenendomi per i capelli, aggressivo, quasi violento, minacciando di prendermi a sberle, e chiamandomi schifoso succhiacazzi.
E quando me lo mise in culo gli lasciai credere che mi stessi cercando di divincolare, mentre lo imploravo di smettere, lui mi iniziò a scopare anche qui con furia, tenendomi sotto, bloccandomi e sussurrandomi nell’orecchio che mi avrebbe disfatto e mandato a far marchette col culo rotto, a vendermi come una troia.
Io simulai paura, estremo dolore, e cercai di divincolarmi e questa recita da povero tennista abusato lo portò a eiacularmi in culo, fra insulti, bestemmie e sculaccioni.
Mi venne in parte dentro e poi balzò fuori per darmi gli ultimi schizzi sulla faccia e sulla polo Lacoste che mi aveva fatto mettere, eravamo rimasti entrambi vestiti, con solo i miei pantaloncini abbassati e il suo cazzo fuori dalla cerniera.
Mi tolsi quel che mi aveva fatto mettere, e poi i mi disse che avrebbe voluto rifarlo, perché somigliavo così tanto a suo figlio, e lui lo avrebbe voluto violentare, ma mica poteva farlo, mentre con uno come me poteva divertirsi.
Insomma, ero carne da macello, somigliante e giovane uguale, ma io ero in vendita, decisamente provai disgusto, ma non gli restituii soldi .
Andando verso il vicolo dove sapevo che avrei incontrato Nico, pensai a quell’uomo, e a come sia torbida la mente umana, e a quanto dietro a parvenze rispettabili si potessero nascondere oscurità anche peggiori di quelle che abitavano i casermoni dormitorio dove ero cresciuto.
Comprai la roba, e decisi che per quel giorno avevo avuto abbastanza cose, una bella, come ritornare a parlare con la mia professoressa preferita, e una che mi aveva fatto sentire squallido.
Mi fumai un quarto di busta, e dopo un poco mi misi a cercare alla cieca nello zaino ed estrassi un libro a caso, come mi aveva suggerito la Montello.
Tirai fuori un volume, guardai la copertina ed il titolo, per capire se avevo avuto fortuna, o se, magari era una cosa che non mi ispirava.
Si intitolava “Uomini e Topi”, il titolo mi attrasse, e in più non sembrava troppo lungo.
Ancora una volta fu una scoperta, una nuova epifania, c’era qualcuno che sapeva raccontare di gente senza diritto ai sogni, allora compresi che la Vispa Teresa era destinata a starsene nel libro di lettura delle elementari, ed era lei che non poteva spiccare il volo, non i problematici.
Mi buttai a capofitto in questa nuova lettura e mi addormentai tardi con la soddisfazione di averlo quasi finito.
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